ARTICOLO 21
Articolo 21, 10 artisti interpretano il valore della nostra Costituzione.
2 marzo - 7 aprile 2013. Torre Viscontea, Lecco
inaugurazione sabato 2 marzo _ ore 18.00
una mostra a cura di Simona Bartolena e Alessandra Galbusera
promossa e organizzata da: Fondazione Ciceri Losi
Le mostre dedicate alla Costituzione italiana promosse e organizzate dalla Fondazione Losi Ciceri nella Torre Viscontea di Lecco, sono ormai diventate un appuntamento tradizionale. Dopo aver indagato l’articolo 11 e l’articolo 4, si passa all’articolo 21, uno dei passi più discussi e (ahimé!) più maltrattati della nostra Costituzione.
Libertà: una parola che scuote nel profondo, straordinariamente evocativa, sempre in cerca di possibili definizioni. Un concetto che arte, letteratura, poesia, musica, cinema, scienza hanno indagato senza sosta, da punti di vista diversi. E proprio il punto di vista – la focale da adottare – è stato il primo problema da affrontare nella costruzione di questa mostra.
Cos’è la libertà? Come può essere espressa? L’artista è davvero un uomo libero? E come manifesta, nella consuetudine dell’atto creativo, questa sua presunta libertà? Il tema era sufficientemente scottante, ampio e complicato da generare più di una preoccupazione. Meno definito di quelli delle edizioni precedenti, il concetto di libertà andava affrontato con grande cautela.
Per rinfrescare il pensiero e lo sguardo, dopo tre esposizioni dedicate alla Costituzione, ho voluto chiamare ad aiutarmi una giovane e promettente studiosa: Alessandra Galbusera. Due occhi, una testa e un cuore nuovi per elaborare una mostra meno tradizionale delle precedenti, tutta giocata sulla suggestione di installazioni, sculture, opere polimateriche, che insistono simbolicamente sul tema del libro e della forza dirompente della parola pensata e scritta, come simbolo supremo di libertà d’espressione.
Come per le scorse edizioni, gli artisti sono stati scelti in virtù della pregnanza del loro linguaggio in relazione al tema affrontato. Si va da artisti già ben affermati ad artisti giovanissimi, in un’interessante molteplicità di linguaggi spesso poco tradizionali, ma tutti efficaci.
Si comincia con un’installazione molto suggestiva di Vittorio Comi, che usa il suo materiale d’elezione – l’erba – per un’opera d’arte vivente, in costante mutazione. Poche immagini sanno evocare l’idea di libertà come quella porzione di erba che cresce dietro a grosse sbarre di ferro. Nonostante tutto: cresce. Il senso più profondo della libertà e il suo straordinario potere. La libertà è un’idea dirompente, una volontà inarginabile, uno strumento straordinario che l’uomo spesso non sa sfruttare adeguatamente. Lo stesso Comi propone anche un’installazione-performance di sicuro effetto, realizzata con un materiale ben poco consueto: i capelli. Capelli di tutti, capelli della gente: l’individualità e l’alterità, il rapporto tra il singolo e il prossimo suo. L’espressione del sé che cerca la propria libertà ma non deve ledere quella altrui.
La discussione è aperta anche su una delle forme d’arte più dibattute degli ultimi anni: il writing. Abbiamo invitato Imen, straordinario artista di strada, writer di Sesto San Giovanni, ottimo esempio di un linguaggio veramente libero e impossibile da ingabbiare, simbolo per eccellenza della voglia di espressione e di manifestazione del sé delle nuove generazioni.
Anche il giovanissimo Fabio Eracle Dartizio impiega spesso la bomboletta per i suoi lavori, sebbene lo faccia su supporti diversi dal muro, ma in mostra è presente con un’installazione che richiede il coinvolgimento diretto del fruitore. Entrando in una piccola tenda da campeggio, il visitatore scoprirà il mondo privato dell’artista, sfogliando i taccuini sui quali Fabio, con mano felicissima e segno grafico davvero notevole, annota i propri pensieri, le proprie paure, i propri desideri. In assoluta libertà.
Sono libri, ma non si possono leggere, anche quelli di Lorenzo Perrone e Matthias Langer. I primi coperti di calce bianca, presenze discrete ma portatrici di concetti forti, inquieti omaggi a chi per la libertà ha dato la vita o è pronto a darla: in assenza delle parole, il libro continua a farsi veicolo di idee e silenziose proteste; i secondi eleganti e sfuggenti, spettrali apparizioni che evocano mondi altri, con un’assordante eco di voci lontane.
Porta in sé lugubri memorie che si perdono nella storia dell’umanità anche l’installazione di Elena Carozzi, doloroso ricordo dei roghi di libri nazisti, come simbolo supremo di una libertà violentata e mortalmente ferita. Roghi che, ricordiamolo una volta di più, non bruciavano solo libri ma anche opere d’arte. Se la parola scritta è certamente il simbolo più forte della libertà d’espressione, anche l’arte può essere un veicolo efficace. Per questo abbiamo scelto di esporre due opere sul tema firmate da un Alessandro Savelli inedito, lontano, per una volta, dalla tecnica con cui suole esprimersi: la pittura.
Ma in una mostra sulla libertà era inevitabile affrontare il problema del suo rapporto con i mezzi di comunicazione. Abbiamo scelto i giornali e abbiamo voluto suggerire un dibattito senza affrontare l’argomento di petto, senza avanzare accuse o voler fare, in qualche modo, polemica o politica. Per questo abbiamo seguito la via della grazia e della poesia – con i giornali che volano, che scappano o che aggrediscono, tramutati per incanto in animali dalle abili mani della giovanissima Alice Zanin – e quella dell’ironia, con l’installazione, tanto sarcastica quanto inquietante, di Anna Turina.
Ad accompagnare i nove artisti in mostra una decima presenza: un vero e proprio omaggio a una realtà tutta da scoprire, quella della casa editrice boliviana Yerba Mala Cartonera . Nel 2006 tre studenti di La Paz fondano la prima casa editrice “cartonera” in Bolivia, un paese dove un libro costa otto volte un pasto completo e dove non esistono librerie. Pubblicano i testi di scrittori che non hanno altro mezzo per far sentire le loro voci. La Yerba Mala recupera il cartone dalle strade metropolitane e lo trasforma in libri accessibili a tutti, aprendo in questo modo un "nuovo spazio" per i lettori e gli scrittori locali, in un mercato editoriale tra i più ristretti dell'America Latina e all'interno di una cultura dove storicamente prevale la tradizione orale. La Yerba Mala realizza i propri libri artigianalmente: recupera il cartone presso i venditori callejeros, fotocopia il materiale da pubblicare, fabbrica copertine di cartone con disegni principalmente realizzati da ragazzi dei quartieri periferici, sebbene anche numerosi pittori, che si sono appassionati al progetto, hanno realizzato copertine d’autore per edizioni speciali. Piccole opere d’arte che ci ricordano che la libertà non va solo declamata, ma anche nutrita, aiutata, diffusa e difesa a tutti i costi.
Per questo nell’edizione di quest’anno, se possibile ancor più che nelle precedenti, auspichiamo che le opere in mostra possano suscitare un dibattito, offrire occasione per riflessioni e approfondimenti.