"Ma, mentre ci accanivamo, tutti, a liberar le nostre gambe e le nostre braccia dalle ultime liane affettuose, sentimmo a un tratto la Luna carnale, la Luna dalle belle cosce calde, abbandonarsi languidamente sulle nostre schiene affrante. Si udì gridare nella solitudine aerea degli altipiani: – Uccidiamo il chiaro di Luna! – Alcuni accorsero alle cascate vicine: gigantesche ruote furono inalzate, e le turbine trasformarono la velocità delle acque in magnetici spasimi che s'arrampicarono a dei fili, su per alti pali, fino a dei globi luminosi e ronzanti. Fu così che trecento lune elettriche cancellarono coi loro raggi di gesso abbagliante l'antica regina verde degli amori". Uccidere il chiaro di luna: è questo che chiede il futurista Filippo Tommaso Marinetti, identificando nell’astro d’argento tutti i passatismi della tradizione romantica, nemica mortale del movimento d’avanguardia. Ed è una lampadina che brilla violenta ad annientare la luce lunare in un noto dipinto di Giacomo Balla.
Non hanno tutti i torti i futuristi: da sempre la luna è simbolo di melanconici stati d’animo, di languidi romanticismi, di tormenti amorosi. È stata la tradizione ottocentesca a darle questo connotato, sebbene la tradizione iconografica e poetica del chiaro di luna esistesse da ben prima e il potere e la fascinazione del satellite terrestre fossero ben noti fin dall’antichità.
Dai chiari di luna di Friedrich e Turner, fino alle filosofiche elucubrazioni leopardiane e ai racconti di Maupassant, la luna regna sovrana nella cultura del XIX secolo, in particolare in quella romantica, ma non solo. La luna e la notte sono state muse ispiratrici di pittori, scrittori, poeti e musicisti. Proprio dalla musica parte il nostro progetto, che trae lo spunto iniziale dai Notturni di Chopin ma anche dalle composizioni di quei musicisti che, nel corso dell’Ottocento, alla notte e al suo astro hanno dedicato intere suonate: da Beethoven a Debussy.
La nostra mostra è un vero e proprio omaggio alla notte e alle sue possibilità espressive. Notti inquiete e notti piene di pace, notti in cui è bello camminare, seguendo la luce lunare, e notti dalle quali vorremmo fuggire. In un complesso gioco di rimandi, la luna e la notte diventano oggetto di una riflessione che supera ampiamente i confini della pittura di paesaggio per addentrarsi in contesti altri, che raccontano i sentimenti, le paure, i sogni e gli incubi dell’umanità, senza limiti di spazio e di tempo. Ma è anche un omaggio allo spirito romantico e alle sue attitudini più sognanti e malinconiche Non solo lune e cielo notturni, dunque, ma anche qualche riflessione, ora amara o ironica, sullo spleen di un’intera generazione (uno spleen per certi aspetti oggi ancora molto attuale!).
Le opere – firmate da artisti contemporanei di estrazione, età e linguaggi diversi – indagheranno il tema da prospettive differenti.
in mostra opere di:
Enrico Bernasconi, Piera Biffi, Andrea Ferrari Bordogna, Raffaele Bonuomo, Silvana Castellucchio, Andrea Cereda, Giorgio Donders, Franco Fasulo, Armando Fettolini, Grazia Gabbini, Federica Gonnelli, Nicola Magrin, Lino Marzulli, Giacomo Nuzzo, Nicolò Quirico, Luciano Pea, Franco Rognoni, Alessandro Savelli, Gianni Secomandi, Alessandro Spadari, Anna Turina, Arturo Vermi