un progetto di
Ponte43
in collaborazione con
heart-pulsazioni culturali
a cura di
Simona Bartolena e Armando Fettolini
Dopo lo straordinario successo nella sede di Missaglia, torna 7... la collettiva dedicata ai Vizi capitali. Questa volta ad accoglierla saranno gli spazi inconsueti ma ospitali del Teatro Binario7 di Monza.
Come altri nostri progetti simili da noi proposti in passato 7 è una mostra corale, composta dall’opera di artisti tra loro molto diversi. Ma se nelle precedenti esperienze gli artisti coinvolti venivano selezionati dai curatori in virtù del loro percorso e della loro frequentazione di un tema specifico, questa volta sono stati gli artisti invitati a scegliere dove collocarsi e in quale contenitore stare. Ad ognuno il proprio peccato.
Ciascuno ha deciso anche con quale approccio affrontare il vizio che ha scelto per sé: atto d’accusa o ammissione di colpa? Critica sociale o autoanalisi? Un gioco ironicamente serio, una sfida che necessita di sincerità e trasparenza, un’indagine artistica che finisce con il diventare una mappatura sociale e antropologica.
Non ci siamo dati schemi. Non abbiamo fatto previsioni. Non abbiamo voluto immaginare, né tanto meno suggerire o influenzare, le scelte dei singoli artisti. Nessun limite di tecnica, linguaggio, stile, approccio al tema.
Il progetto prende forma dall’accostamento dei singoli contributi, che compongono un mosaico leggibile solo nella visione di insieme.
In un anno di celebrazioni dantesche, un omaggio al viaggio negli inferi del sommo poeta e al suo sguardo sempre attuale sull’Umanità.
I vizi
La definizione dei sette vizi capitali risale al Medioevo, con le dottrine di Giovanni Cassiani, monaco vissuto tra il IV e il V secolo, e, nel secolo successivo, di Gregorio Magno, basate, probabilmente, sulla prima lettera di San Giovanni.
I vizi vennero detti "capitali" perché da essi discendono tutti i peccati nei quali può cadere l’uomo. San Giovanni parla di "concupiscenza". Dalla concupiscenza della carne derivano la lussuria e l’intemperanza, dalla concupiscenza degli occhi l’avarizia, da quella dello spirito la superbia, l’accidia, l’invidia e l’ira.
Ben presto i sette vizi capitali si diffondono nell’iconografia artistica, dapprima raccontati attraverso la loro punizione infernale (complice anche la Commedia dantesca) e poi anche come allegorie autonome. Tra le rappresenta-zioni più note ci sono senza dubbio quelle realizzate da Giotto nella Cappella degli Scrovegni e quelle di Bosch nel celeberrimo dipinto oggi conservato al Prado di Madrid (I sette peccati capitali, 1475-1480), ma il soggetto non ha smesso di affascinare i pittori anche nei secoli successivi, inesauribile fonte di immagini e fantasie tanto spaventose quanto seducenti.
Lussuria: Nel Medioevo lussurioso era considerato qualsiasi attaccamento ai beni terreni (in opposizione alla virtù della temperanza) e non solo il vizio carnale. Quando, già nel Rinascimento, l’appagamento dei sensi è guardato con molta più indulgenza, la lussuria perde progressivamente di gravità, finendo con il diventare il peccato più tollerabile. Per questo l’allegoria della Lussuria è spesso immaginata come una donna bellissima, accompagnata da animali considerati lussuriosi, quali il coccodrillo e il coniglio.
Gola: Considerata peccato solo in quanto contraddice la modestia e la morigeratezza proprie di una vita virtuosa, la Gola nella tradizione è per eccellenza il peccato delle classi più alte, che si possono permettere il lusso dell’abbondanza di cibo. Accompagnata da un orso o da un maiale, considerati animali golosi, l’allegoria della Gola ha spesso un collo molto lungo e un ventre molto grande. Il più triviale tra tutti i vizi non necessita di simbologie particolari: tra tutti i peccati è quello che trasforma in modo più evidente il corpo.
Avarizia: L’avarizia non è solo la tendenza ad accumulare denaro ma, più in generale, la fame di avere per sé e un eccessivo ritegno nel donare. Dante la rappresenta con una lupa spaventosa. Anche nell’Iconografia di Cesare Ripa l’allegoria dell’Avarizia si accompagna all’immagine della lupa, nella tradizione considerata un animale avido e vorace, insaziabile e aggressivo. Spesso in pittura è interpretata come una donna agghindata con molti gioielli o con l’immagine di un uomo che tiene stretto in mano un sacchetto o che conta monete.
Accidia: L’accidia è il torpore della mente e dell’anima, l’indifferenza, il disinteresse. Nel 1625, nella sua Iconologia, Cesare Ripa descrive così l’allegoria dell’Accidia: come una "Donna vecchia, brutta, mal vestita che stia a sedere et che tenghi la guancia appoggiata sopra alla sinistra mano, dalla quale penda una cartella con un motto che dichi: TORPET INERS, et il gomito di detta mano sia posato sopra il ginocchio, tenendo il capo chino et che sia cinto con un panno di color nero et nella destra mano un pesce detto Torpedine. Accidia, secondo S. Giovanni Damasceno l. 2. è una tristitia che aggrava la mente, che non permette che si facci opera buona. []." Accanto a lei sono spesso rappresentati l’asino, la tartaruga o la lumaca, considerati animali lenti e pigri per natura.
Ira: Fin dall’antichità, ancor prima che si sviluppasse l’iconografia cristiana, l’ira è rappresentata con una figura di giovane età, dalle "spalle grande, la faccia gonfia, gli occhi rossi, la fronte rotonda, il naso acuto et le narici aperte", spesso armata e con un copricapo con una testa d’orso come cimiero. Anche l’ira, come la gola, non ha bisogno di simboli: trova la propria rappresentazione negli effetti fisiognomici che produce.
Invidia: Inconfessabile e violento moto dell’anima, l’invidia brucia e consuma chi la prova. L’arte non le ha mai risparmiato l’immaginario peggiore. Una delle più riuscite rappresentazioni artistiche dell’invidia è quella lasciata da Giotto: una donna bruttissima dalle grandi orecchie, la cui lingua è un serpente che le si ritorce contro e i cui piedi ardono nelle fiamme infernali.
Superbia: Fin dall’epoca medievale la Superbia era ritenuta il peccato peggiore e il più pericoloso. Rappresentata nella tradizione come una donna bella et altera, vestita nobilmente di rosso, coronata d’oro, di gemme in gran copia, nella destra mano tiene un pavone et nella sinistra un specchio, nel quale miri et contempli se stessa, la Superbia presenta un’iconografia che si confonde talvolta con quella più generica della Vanità.
La mostra
"Anche privandoli del loro valore religioso e del significato dottrinale di "peccato" attribuitogli dal cristianesimo, i sette vizi capitali raccontano comunque altrettanti aspetti
potenzialmente deteriori dell’essere umano, dando un nome (nel caso dell’arte, anche un’immagine) a pulsioni e istinti talvolta inconfessabili ma spesso inevitabili e incontrollabili. Essi raccontano, in sintesi, il lato più oscuro (ma terribilmente umano) di ciascuno di noi.
Il progetto nasce proprio da questa riflessione. A differenza delle altre mostre a tema da noi curate, non abbiamo voluto scegliere l’opera da esporre ma lasciare liberi gli artisti invitati di realizzare un lavoro (o selezionarne dalla loro produzione) che raccontasse il loro punto di vista personale su uno dei vizi capitali. Abbiamo chiesto loro di spiegarci, in sintesi, anche il perché della loro scelta.
Dalle risposte alla nostra call sono emerse alcune riflessioni molto interessanti, come, ad esempio, l’evidente preponderanza di opere dedicate all’accidia (in tempi di immobilità e reclusione come questi, è ben comprensibile che sia questo il vizio più indagato) o l’attenzione alla gola in relazione alle disfunzioni alimentari tanto diffuse nella nostra società o ai danni ambientali del consumismo e delle sue pratiche quotidiane.
Le scelte degli artisti che hanno deciso di partecipare, sempre ponderate e motivate, riflettono i loro pensieri e i loro interessi ma anche le loro esperienze, i loro stati d’animo e le loro paure.
I linguaggi e le tecniche molto eterogenei, la diversità di approccio dei vari artisti rendono la mostra un viaggio pieno di sorprese nel tema proposta.
Una panoramica straordinaria che attraverso singole ricerche individuali riesca a raccontare un concetto universale: l’Uomo e le sue "umanissime" debolezze, i suoi vizi più o meno imperdonabili".
(Simona Bartolena e Armando Fettolini, curatori del progetto)
Gli artisti della mostra
Davide Balossi, Claudio Beorchia, Isabella Beretta, Enrico Bernasconi, Sergio Besutti, Isabella Bettinelli, Bruno Biffi, Piera Biffi, Maurizio Bonfanti, Raffaele Bonuomo, Walmer Bordon, Gildo Brambilla, Giovanni Bucher, Silvana Castellucchio, Elisa Cella, Andrea Cereda, Giovanni Cerri, Chiò, Ghita Choujae, Silvia Cibaldi, Angela Corti, Giulio Crisanti, Umberto Crisciotti, Adelaide Crivellaro, Daf, Dellaclà, Franco Donaggio, Anna Donati, Paolo Facchinetti, Alessandro Favini, Federica Ferzoco, Antonella Gerbi, Roberto Ghezzi, Enrico Giudicianni, Injoe, Alessio Larocchi, Silvia Manazza, Carlo Mangolini, Annalisa Mitrano, Ettore Moschetti, Elena Mutinelli, Margareta Niel, Giacomo Nuzzo, Lorenzo Pacini, Luca Panucci, Sara Parolini, Luciano Pea, Cristiano Petrucci, Daniele Poli, Dolores Previtali, Nicolò Quirico, Alex Sala, Silvia Serenari, Giovanni Sesia, Kim Sommerschield, Alessandro Spadari, Elisabetta Tagliabue, Matteo Tenardi, Giovanna Torresin, Manuela Toselli, Vera Pravda, Armanda Verdirame, Marta Vezzoli, Nicola Zaccaria, Maria Chiara Zarabini.
Teatro Binario7
via Turati. Monza
Orari di apertura:
da lunedì 20 settembre:
lunedì - venerdì dalle 15 alle 19
da venerdì 15 ottobre:
lunedì - domenica dalle 15 alle 19