In occasione della mostra, oltre al consueto heartismo (il quaderno che l’associazione heart dedica a questo genere di progetti), sarà pubblicato per Ponte43 un libro-racconto molto personale, che narra la vicenda di Moby Dick attraverso lo sguardo dell’artista. Un volume d’arte unico, nel quale le parole di Melville e la ricerca pittorica di Spadari si contaminano, in un suggestivo dialogo.
Il libro sarà pubblicato in edizione numerata, con copie uniche personalizzate dall’artista.
Con questo ciclo Spadari si è avventurato in una rotta ben pericolosa: il confronto con un monumento della letteratura come Moby Dick, opera dalla straordinaria complessità e dai molteplici livelli di lettura, poteva essere rischioso, portare alla banalizzazione del soggetto o, peggio, al tradimento del proprio stile pittorico, sacrificandolo al tema. Ma Spadari è un artista intelligente e, ormai possiamo dirlo, di lungo corso, abile nel mettersi al servizio della narrazione senza smarrire se stesso. Pur trovando nuove vie espressive e pur lasciandosi tentare dal dialogo con la fotografia e con la tecnica mista (quasi un riferimento alla lezione del padre Giangiacomo), Alessandro resta il pittore di sempre, dalla cifra stilistica ben riconoscibile e personale. Il racconto, del resto, pare nato per il suo pennello e la sua tavolozza, da sempre attratti dalle atmosfere turneriane, dalle vedute marine perdute nella nebbia e, soprattutto, dall’idea di una pittura che tenda al sublime romantico, trasfigurando il paesaggio reale in un paesaggio interiore, un paesaggio dell’anima.
Spadari non è nuovo al tema del viaggio: non approda a Melville se non dopo un lungo percorso di riflessione sul tema. Viaggio al termine della notte, Appunti di viaggio, Viaggio in Italia sono i titoli di alcune mostre recenti. Tra ispirazioni romantiche e omaggi a Cèline, per Alessandro il viaggio ha sempre rappresentato uno spostamento innanzi tutto interiore, una ricerca e una sfida tutta umana, in cui lui stesso si riconosce, con quella sua capacità (auto)critica e quel senso di perenne insoddisfazione che, se da una parte è una condanna, dall’altro è la vera leva di una crescita costante. Come il capitano Achab (e come tutti gli uomini che si fanno delle domande), Alessandro è sempre in cerca di se stesso, in lotta con la sua balena bianca. E la sua pittura riflette, con struggente sensibilità, questo continuo rimettersi in discussione.
Con pennellate nebbiose e soffuse, che riverberano la luce e respingono le ombre, e una tavolozza aperta, che ha accolto i toni più chiari e complessi dell’azzurro non così presenti nelle opere precedenti, Spadari racconta l’ossessione di Achab rivelandoci le proprie paure, le proprie instabilità, le proprie riflessioni sulla natura umana, dialogando con la quella balena che ciascuna di noi si porta nell’animo, una balena invisibile di cui percepiamo soltanto quel profondo respiro.
()
In uno scontro con una Natura di leopardiana memoria, Achab è l’uomo che cerca nella lotta e nella vendetta la soluzione ai propri dubbi, al proprio irrisolvibile conflitto interiore, alla sconfortante incertezza cui la vita ci condanna. Un uomo che "ciò che ha osato, ha voluto; e ciò che ha voluto, ha fatto", per parafrasare le sue stesse parole, con un atteggiamento titanico ed eroico, ma irrazionale e insensato, che riporta irrimediabilmente al sentire romantico e al Simbolismo che, del resto, del Romanticismo è stato l’ultimo, potente quanto disperato, colpo di coda.
La lotta di Achab è dunque l’archetipo della sfida dell’uomo all’ignoto, la ricerca della verità, il disperato tentativo della ragione di dominare quei mostri da lei stessa generati.
Ma la più grande virtù del racconto che Melville ci ha lasciato è di non avere uno spazio-tempo, di riuscire a sollevare riflessioni attuali in ogni epoca. Come affermò Fernanda Pivano "come tutti i miti, la favola di Moby Dick è polivalente e ciascuna epoca, ciascun lettore ha facoltà di trovarvi dentro se stesso". Senza dubbio Alessandro Spadari lo ha fatto: ha saputo entrare nelle maglie più serrate del racconto, comprenderne le suggestioni più profonde e farle proprie, in un viaggio dentro se stesso e le proprie incertezze, condotto a bordo della sua nave preferita: la pittura.
(brano tratto dal testo di Simona Bartolena, in catalogo)
Alessandro Spadari nasce nel 1969 a Milano. Tra qui e Principessa (Al) divide la vita ed il lavoro. Figlio d’arte, si diploma in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove ha insegnato come assistente di pittura dal 2008 al 2011. Lavora con molte gallerie in Italia e all’estero.